I tumori della cervice e dell’endometrio (i due diversi cancri dell’utero) costituiscono circa il 13% del totale delle neoplasie femminili. I dati relativi a questi tumori evidenziano come l’età media delle donne colpite dal primo (cervice o collo) sia intorno ai 51 anni, mentre per il secondo (endometrio o corpo) sia intorno ai 61 anni.

Il tumore invasivo del collo dell’utero  rappresenta il 3,6% di tutti i tumori femminili, ha un tasso di mortalità del 2,7% e colpisce in media 1 donna su 100.

Come la maggior parte dei tumori, si tratta di una neoplasia  ad insorgenza “subdola”, difficile da notare nelle fasi iniziali, per questo è necessario attivare un programma di prevenzione con uno screening di massa , che coinvolga anche i giovani. Infatti, tra i 16 e i 25 anni  più di 47.000 giovani donne mostrano lesioni di basso grado (CIN 1 o displasie lievi), che non sono ancora tumori, ma forme preneoplastiche, che possono guarire spontaneamente o progredire verso forme più severe (CIN 2-3  o displasie medie-gravi) facilmente eliminabili in ambulatorio. Solo se non diagnosticate e trattate, circa 3.500 di queste lesioni diventeranno poi carcinomi, che causano tuttora ogni anno, in Italia, 1.700 morti. La lotta ai tumori del collo dell’utero passa quindi attraverso l’individuazione e l’eliminazione delle lesioni precancerose.

Gli strumenti utili per individuare queste lesioni sono: il Pap-Test (o il Thin Prep:  più recente e più efficace metodica) e la colposcopia. Con questi riusciamo ad attuare una vera e propria prevenzione primaria ,individuando le forme precancerose del cancro del collo.

Sappiamo oggi che il Papillomavirus (HPV) è la principale causa del tumore della cervice.

Si tratta di un virus molto comune sia nelle donne che negli uomini, ne esistono oltre 100 tipi diversi e circa 40 di questi colpiscono l’area genitale. Nella maggior parte dei casi sono relativamente innocui, come quelli che provocano le comuni verruche. Possono tuttavia provocare lesioni ad alto rischio capaci di sfociare in tumori al collo dell’utero. I ceppi di Papilloma virus più pericolosi nel nostro paese sono il 16 e il 18. L’infezione si contrae prevalentemente per contatto genitale, tuttavia altre accortezze possono essere utili per la prevenzione: avere una buona igiene intima, non fumare, utilizzare sempre i contraccettivi, evitare contatti sessuali con persone infette, e soprattutto vaccinarsi. Anche tutti questi espedienti costituiscono armi utili alla prevenzione primaria, infatti combattono i “fattori di rischio” Le malattie provocate dal Papillomavirus si manifestano negli adulti, ma il primo contatto con il virus si ha nell’adolescenza o all’inizio dell’età adulta.

In Europa il 35% delle ragazze viene a contatto con il virus entro i 17 anni, il 60% entro i 19.

Per questo motivo la vaccinazione è indicata nell’età compresa tra i 9 e i 15 anni, con la possibilità di farlo fino ai 26-28 anni. Vaccinarsi è quindi molto importante per prevenire i tumori, come l’uso del preservativo è utile per proteggersi da molte altre malattie sessuali. Tuttavia è bene ricordare che la vaccinazione non protegge al 100% dal Papillomavirus, quindi anche per i vaccinati sono utili e opportuni controlli periodici con il Pap-Test.

L’adenocarcinoma dell’endometrio colpisce in media tra i 60 e gli 80 anni 1 donna su 67, con una mortalità del 3,5%.

Ogni anno questo tumore fa registrare 5 mila nuovi casi, con 7 pazienti su 10 che vengono colpite in età postmenopausale, mentre solo 3 su 10 in età premenopausale. La prevenzione primaria di questo tumore è difficilissima e si attua esclusivamente combattendo i fattori di rischio (obesità, fumo, alcol, vita sedentaria…) ma la prevenzione secondaria, o diagnosi precoce, può fare la differenza. L’unico strumento in grado di cogliere precocemente i segni di questa malattia è l’ecografia transvaginale, mentre i sanguinamenti anomali in menopausa sono segni spesso tardivi.

L’ultima tipologia di tumore di cui non parleremo oggi è il carcinoma dell’ovaio.

Si tratta del tumore più raro e più subdolo, non c’è alcuna possibilità di coglierne la presenza nelle fasi precoci. L’ecografia transvaginale può essere l’unico strumento, perché i sintomi sono estremamente aspecifici.

 

 

 

 

Prof Michele Gangemi, Direttore Sanitario e specialista in ginecologia degli ambulatori della LILT di Padova