Storie di prevenzione

A volte un dono può essere così grande, da salvare una vita. È accaduto a Marco (il suo vero nome è un altro, ne tuteliamo l’identità, nda), un energico uomo di 66 anni, che ha colto una proposta di LILT Padova perché «È gratis, perché no?!», e alla fine ha ringraziato la sorte (e se stesso) per avere accettato. «Ho sempre fatto prevenzione – racconta -, controllavo il PSA con regolarità, sapevo che da una certa età in poi è preferibile inserire questo valore tra i controlli da fare».

Il PSA è un valore del sangue (marcatore) utilizzato per monitorare la prostata ed è indicato tra gli esami da eseguire a partire dai 50 anni d’età, come strumento di diagnosi precoce fra la popolazione. Può aiutare a individuare eventuali malfunzionamenti dell’organo prostatico, sia benigni, sia maligni, ma non è probatorio, pertanto da solo può non essere sufficiente per avere una diagnosi.

«È un giorno del mese di novembre dell’anno scorso, aderisco alla campagna della Lilt di Padova dedicata alla prevenzione dei tumori maschili. So che è un appuntamento temuto da molti uomini e per questo erroneamente rinviato o rifiutato. Ci penso un attimo perché da poco avevo parlato con un medico che mi aveva tranquillizzato sullo stato della mia prostata, nonostante alcuni segnali mi avessero un po’ impensierito. Poi ho ragionato: Beh, un parere in più non guasta mai e si tratta anche di una visita gratuita. E così, prenoto».

Marco si presenta all’appuntamento stabilito: «Sono arrivato sereno alla visita. Non mi preoccupava l’ispezione per via rettale, del resto è l’unico modo che il medico ha a disposizione per arrivare bene alla prostata. Al termine della visita, il medico mi dice che per suo scrupolo, ritiene opportuno un approfondimento. Ho apprezzato molto il suo fare sereno: non mi ha trasmesso ansia, è stato molto prudente». L’esito dell’esame, una risonanza magnetica con contrasto, porta a un sospetto che, dopo la biopsia, individua la presenza di un tumore.

«A questo punto ho dovuto scegliere come procedere. Avevo due possibilità: mantenere l’organo e fare radioterapia, oppure asportarlo chirurgicamente. Non sono una persona che per abitudine si documenta attraverso internet, pertanto ho parlato con medici e infermieri chiedendo pareri, ma c’erano pro e contro in entrambe le strade ed ero combattuto. La radioterapia era meno invasiva ma avrebbe potuto comportare delle conseguenze; la chirurgia sarebbe stata più difficile da gestire nel periodo iniziale del post-intervento, ma poi la situazione sarebbe migliorata. Per me ho scelto la soluzione chirurgica e a distanza di un anno, penso di aver fatto bene. Dopo l’intervento, ho mantenuto tutte le mie funzioni. L’unica cosa che farei diversamente, è la riabilitazione: non aspetterei l’intervento, ma inizierei prima dell’operazione, in modo da abituare il fisico fin da subito».

Oggi Marco è un uomo che racconta serenamente la sua esperienza ed è diventato un “ambasciatore” del messaggio della prevenzione maschile: «A tutti gli uomini con cui parlo, consiglio di farsi controllare regolarmente e di non avere paura della visita urologica. È una visita medica, non è dolorosa e non è un tabù. Le battute, quelle fatte con spirito goliardico, meglio tenerle lontane dalla salute. Io non mi sono mai pentito di avere accettato l’invito della Lilt che anzi, probabilmente mi ha salvato la vita. O, comunque, mi ha permesso di individuare il tumore in una fase iniziale».

«Non nascondo – racconta ancora Marco – di aver vissuto un momento di totale stordimento, quando ho ricevuto la diagnosi. Perché deve capitare a me?, mi chiedevo. Perché proprio adesso, che sono in pensione e potrei godermi la vita? Ma fin da subito ho provato una forte riconoscenza nei confronti della Lilt: con la prevenzione, di tumore alla prostata si può non morire. Per questo motivo ne parlo con tutti. So cosa si attraversa, so che ci sono delle difficoltà, ma quelle si superano. Quello che resta è riconoscenza, serenità, fiducia. Resta ancora vita da vivere».